Buona parte delle truffe ormai vengono veicolate tramite WhatsApp. Il motivo è che, a differenza di una normale utenza telefonica, un account WhatsApp è meno regolamentato e più facilmente utilizzabile dai truffatori che possono attivarlo su numeri temporanei o persino sottrarre account a terzi per utilizzarli per le frodi.
Le comunicazioni sono cifrate, quindi neanche Meta ha contezza di ciò che avviene su un canale (messaggi, chiamate vocali o allegati multimediali).
Dunque è evidente che la piattaforma di messaggistica sta diventando terreno fertile per i criminali, persino in casi più complessi come l’invio di malware per infettare smartphone (si pensi, per esempio, al recente caso della società israeliana Paragon che pare aver infettato dispositivi di giornalisti, attivisti e imprenditori con lo spyware Graphite).
Sui numeri tradizionali la sottrazione è invece diventata particolarmente complessa, il tradizionale “SIM swap“, infatti, è meno semplice da portare a termine con successo perché gli operatori hanno posto dei vincoli sulla portabilità delle numerazioni che hanno rallentato il fenomeno.
Inoltre, gli operatori hanno maggiore controllo sulle attività illecite, possono bloccare numerazioni, hanno i dati d’intestazione delle utenze come riferimento per le Forze dell’Ordine. E, su richiesta dell’Autorità Giudiziaria, possono intercettare ciò che si scambia via messaggio e fornire l’audio delle telefonate.
A breve, inoltre, diventerà sempre più difficile impersonare utenze telefoniche con numerazioni italiane, colmando quindi il gap al momento presente che permette a operatori poco etici di utilizzare numerazioni di terzi come numero chiamante.
Meta ha avviato delle campagne di awareness per informare gli utenti circa le truffe che si possono subire tramite WhatsApp.
Una di queste consiste proprio nel chiamare soggetti chiedendo loro prima di condividere lo schermo, quindi di loggarsi su piattaforme, inserire credenziali, aprire siti riservati o visionare i propri documenti, il tutto ovviamente con l’intenzione di carpire informazioni poi utilizzabili per eseguire delle truffe in ambito finanziario ma non solo.
La funzione di condivisione schermo è un’ottima risorsa per aiutare persona anziane, fare assistenza remota, mostrare a terzi ciò che sta avvenendo sul proprio dispositivo.
Tuttavia, va usata con cautela se a chiederci di condividere è un estraneo, altrimenti si corre il rischio di agevolare truffe basate proprio su ciò che l’attore malevolo mostra sul display.