Anitec-Assinform ha svelato a Milano, insieme ad Aica e Assintel, un nuovo report, l’Osservatorio sulle competenze digitali, giunto all’edizione 2025, da cui emerge una crescita a doppia cifra di richieste di figure professionali nella cyber security.
“Per quanto riguarda la richiesta di professionisti della cyber security, i dati dell’indagine mostrano una tendenza coerente con l’evoluzione dello scenario di rischio per le aziende”, commenta Claudio Telmon, Senior Partner – Information & Cyber Security at P4I – Partners4Innovation.
Ecco i dati che fotografa lo studio, frutto della collaborazione di Talents Venture, presentato all’evento “L’Italia delle nuove competenze: innovazione, lavoro e futuro”.
Secondo l’Osservatorio sulle competenze digitali, cresce la domanda di competenze man mano che le tecnologie, come l’intelligenza artificiale, si integrano nei processi aziendali, come dimostrano le richieste di prompt engineering (+112%) e il Data ethics analytics (il professionista che analizza e gestisce i rischi etici connessi all’uso dei di AI e dati, nell’era dell’AI Act) e il Performance data analyst (dedicato a ottimizzare qualità e processi aziendali).
Il rapporto, condotto su un campione di 24mila persone, sottolinea che l’AI entra in una fase matura, ma fotografa ancora skill shortage ovvero mancanze di competenze di base.
Infatti meno di un terzo (30%) ha competenze sufficienti nell’uso del Pc e solo il 17% nell’impiego della suite di produttività come Office.
Fra gennaio 2024 e settembre 2025, 222mila annunci su LinkedIn, il social network per professionisti della galassia Microsoft, hanno visto primeggiare la richiesta per sviluppatori software, It project manager e software engineer. Il cyber security engineer ha visto un aumento del 70% negli annunci.
Infatti le aziende ganno bisognoi di nuovi professionisti nella cyber, perché “reagiscono ad uno scenario geopolitico certamente deteriorato rispetto a pochi anni fa, ma anche ad una crescente pressione dovuta alla normativa di settore: basti pensare alle decine di migliaia di aziende che stanno affrontando l’adeguamento alla Direttiva NIS2, o alle molte che stanno iniziando ad affrontare il Cyber Resilience Act“, spiega Claudio Telmon: “Anche le altre norme in ambito digitale, compresa quella relativa all’AI, comportano esplicitamente o implicitamente l’attenzione ad aspetti di cyber security”.
Tuttavia, se l’85% ha competenze scarse negli strumenti di produttività, sfiora il 10% (9,9%) la quota di chi ha competenze in cyber security. Nelle richieste di professionisti, emerge soprattutto un problema di mancanza di competenze ed allineamento.
Limitando l’analisi su circa 136mila annunci di lavoro Ict su LinkedIn, in un anno, appena una su due (73mila) delle nuove figure professionali fa ingresso nel mercato del lavoro mediante i corsi di laurea, master e Its Academy. Questi dati confermano il divario italiano rispetto al resto d’Europa.
In Italia i lavoratori del mercato Ict costituiscono il 4% del totale degli occupati, contro il 5% della media europea.
“La domanda di competenze ICT in Italia viaggia su livelli elevati – spiega Anitec-Assinform in una nota – a fronte di circa 136mila annunci pubblicati su LinkedIn in un anno per questo tipo di figure, solo 73mila nuovi professionisti entrano nel mercato, con un rapporto di quasi un nuovo professionista ogni due annunci pubblicati. Questa dinamica aumenta il ritardo italiano in Europa: per portare la quota di occupati ICT del Paese ai valori degli altri Paesi europei servirebbero subito 236mila professionisti tech in più”.
Il mercato della formazione, pur in ritardo e a ritmo ancora lento, sta cercando di reagire, offrendo corsi per rafforzare le competenze digitali, passati da 670 nell’anno accademico 2015/16 agli attuali 850 nel 2025/26.
Al primo posto si piazzano il Politecnico di Milano e di Torino, in grado di provvedere a 5mila inserimenti nel mercato. Ma l’offerta non tiene il ritmo con la domanda: l’Anvur ha approvato 161 nuovi corsi per quest’anno, ma appena il 12% è rivolto al mercato Ict. Secondo l’Indire, i percorsi destinati all’Ict sono saliti del 40% negli Its Academy già nel 2023. Ma non basta. Negli atenei telematici, oggi conseguono il titolo il 9% dei laureati Ict del Paese.
Su 10mila annunci per profili ICT apparsi su LinkedIn nel 2025, il 74% delle job description non menziona alcun dato sulla retribuzione annuale lorda (RAL). Invece solo l’11% segnala un range della remunerazione. Oltre la metà degli annunci (55%) non riporta benefit, soltanto il 36% fa riferimento alla flessibilità nella modalità di lavoro.
“La difficoltà sta nel fatto che la cyber security è una specializzazione di professioni già di per sè molto richieste, come quelle che in generale ruotano intorno alla gestione del digitale. Questo rappresenta una complessità in termini di formazione, che è per lo più rivolta a chi ha invece difficoltà ad accedere al mercato del lavoro perché dispone di competenze poco richieste. Per contro, chi ha già una base valida per affrontare i temi di cybersecurity, non è ancora stimolato ad affrontare questa specializzazione, perché il premio dato dal mercato in termini di incremento di reddito, anche a fronte di un aumento della domanda, non è ancora abbastanza motivante”, sottolinea Claudio Telmon.
“Questo rappresenterà certamente un problema per le aziende nei prossimi anni: anche sperando che lo scenario non peggiori in modo drammatico, l’ambito della cyber security è sicuramente uno in cui ci si può aspettare un continuo aumento dell’aggressività sia da parte della criminalità che da parte degli stati sovrani. Purtroppo, molte aziende affrontano ancora il tema come un momento di adeguamento normativo una tantum, invece di di integrare questi temi nella gestione ormai continua dei rischi aziendali“, conclude Telmon.
Esiste, infine, un gender gap, un divario di genere in quanto appena il 23% dei laureati Ict sono donne.