Via libera al testo definitivo di legge italiana in materia di intelligenza artificiale, dopo un lungo iter parlamentare conclusosi in Senato lo scorso 17 settembre 2025.
Al centro è stata posta la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo tra cui spicca la protezione dei dati declinata in settori come la sicurezza e la difesa nazionale, la sanità con focus sulla ricerca scientifica e, naturalmente, il copyright. Tra i punti chiave. Ma andiamo per gradi.
Il testo del famoso e tanto atteso DDL ha già fatto parlare di sé in questo oltre anno e mezzo di rimbalzi tra Camera e Senato, pur non cambiando molto nei palleggi parlamentari riportati nel dossier ufficiale.
L’obiettivo è sempre stato quello di introdurre – in quanto legge quadro – principi, risorse e deleghe al fine di disciplinare la ricerca, lo sviluppo e l’uso dei sistemi di AI.
Si tratta del primo testo normativo organico a livello nazionale in materia di AI tanto ambizioso quanto discusso, con alcune criticità rimaste sul tavolo come i pochi fondi rispetto agli altri Paesi, la scelta di assegnare le funzioni ad agenzie governative anziché all’Autorità indipendente (il Garante per la protezione dei dati personali) e molte altre questioni che, come vedremo, vengono rinviate ai decreti attuativi.
Un quadro normativo alla lettura solido che intende bilanciare innovazione, tutela dei diritti fondamentali e fiducia dei cittadini, fatto di 4 capi e 26 articoli, il cui testo originario era del 23 aprile 2024 ancor prima dell’entrata in vigore del Reg. UE 2024/1689, il cosiddetto AI Act. Insomma, il segno di un’Italia su questi temi assai competitiva.
Ecco i punti chiave:
L’art. 4 è dedicato ai “Princìpi in materia di informazione e di riservatezza dei dati personali”.
In pratica, l’utilizzo di sistemi di AI non dovrà recare pregiudizio alla libertà e ai tanti mezzi di comunicazione, né alla libertà di espressione/obiettività, completezza, imparzialità e lealtà dell’informazione.
Il trattamento dei dati dovrà seguire i soliti ben noti principi di liceità, correttezza, trasparenza dei dati personali, e per le stesse finalità proprio come il GDPR insegna.
Anche le informative connesse all’uso dei sistemi di intelligenza artificiale dovranno essere rese con linguaggio “chiaro e semplice, in modo da garantire all’utente la conoscibilità dei relativi rischi e il diritto di opporsi ai trattamenti autorizzati dei propri dati personali” (comma III).
I minori di 14 anni avranno bisogno del consenso dei genitori o di chi ne fa le veci, anche questo in perfetta linea con il GDPR.
Nulla di nuovo sulla carta, sembrerebbe. Certo è che gli adempimenti dovranno essere armonizzati e, ove possibile, integrati nei vari sistemi di gestione, in favore di una compliance adeguata e consistente.
Sulla sicurezza e difesa nazionale l’art. 6 in perfetta linea con l’AI Act, esclude l’applicazione della legge alle “attività di ricerca, sperimentazione, sviluppo, adozione, applicazione e utilizzo di sistemi e modelli di intelligenza artificiale svolte a fini di sicurezza nazionale dal Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), dall’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE), dall’Agenzia informazioni e sicurezza interna (AISI), dall’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN) per la tutela della sicurezza cibernetica, dalle Forze armate per scopi di difesa nazionale, e dalle Forze di polizia per prevenire e contrastare reati specifici”.
Le attività compiute per la sicurezza nazionale dovranno quindi rispettare il diritto di opposizione al trattamento.
I server dei sistemi di AI destinati all’uso in ambito pubblico, potranno risiedere anche all’estero pur favorendo la fornitura nazionale.
Ancora, è interessante focalizzarsi sulla ricerca e la sperimentazione scientifica nell’ambito della quale dovrà essere garantita “l’anonimizzazione e sintetizzazione dei dati personali per agevolare ricerca e governo in sanità”.
In concreto, i ricercatori e le aziende sanitarie in Italia godranno, in forza di questa legge, di una “base giuridica ad hoc per anonimizzare, pseudonimizzare e creare dati sintetici con i dati personali anche sensibili che detengono, per fini di ricerca scientifica sanitaria con sistemi di intelligenza artificiale e di governo della salute”.
E non sarà più necessario il consenso dei pazienti (per il trattamento dei dati), tanto meno l’autorizzazione preventiva al Garante.
Quindi, semplificazione parola d’ordine, evitando blocchi burocratici; il tutto in linea con i razionali dell’EHDS – Spazio UE dei dati sanitari.
Non solo, anche la previsione per cui “AGENAS, sentito il Garante privacy […] può [e ndr non deve] stabilire e aggiornare linee guida per le procedure di anonimizzazione di dati personali e per la creazione di dati sintetici” agevolerà il mondo dei ricercatori.
Infine, aperture importanti sono anche con riferimento all’uso e soprattutto il riuso di dati sia personali che sanitari per finalità di ricerca scientifica.
Ancora, sul diritto di autore, con riferimento specifico all’estrazione/uso di testi/dati per training (TDM), il testo di legge in parola introduce limiti e responsabilità.
Ciò avrà impatti sui modelli di business che si basano su large-scale scraping e sul valore commerciale delle basi dati. Di qui, sarà essenziale avere “politiche chiare di licensing, gestione dei diritti e controllo della qualità delle fonti, nonché nuove valutazioni economiche del dato come asset strategico”, come scrive Alessandro Longo.
Il famoso DDL (1146) non subirà dunque più modifiche se anche quest’ultima versione consolidata tra Camera e Senato verrà convalidata, sottoscritta e promulgata anche dal Presidente della Repubblica.
Quindi, la pubblicazione del testo in Gazzetta Ufficiale e da lì la piena entrata in vigore.
A quel punto, il Governo dovrà provvedere ai decreti attuativi. Insomma, non ci sarà tempo da perdere.