In Italia, ogni anno oltre 3.000 persone muoiono sulle nostre strade, nonostante tutti conoscano le regole di sicurezza stradale. La stessa dinamica avviene nel cyber crime, che miete milioni di vittime ogni anno anche se ormai tutti sanno che non bisogna cliccare su link sospetti.
Il paradosso si spiega con i bias cognitivi, cioè quelle scorciatoie mentali che ci portano a pensare “non ho nulla da temere” o “a me non capiterà mai”. Si tratta di una percezione errata che ignora come chiunque possa diventare ponte di accesso verso obiettivi più appetibili o un capro espiatorio a cui attribuire la responsabilità di attività criminali.
Anche per questo è utile fornire ai professionisti della sicurezza gli strumenti per comprendere e contrastare questi meccanismi psicologici che rendono inefficaci anche le migliori tecnologie di protezione[1].
La convinzione di non avere nulla di interessante da rubare rappresenta il bias più pericoloso nell’ambito della cyber security. Ogni utente, anche la signora Pina, costituisce in realtà un asset prezioso per i criminali informatici sotto tre profili strategici:
I dati ISTAT ogni anno fotografano una tragedia annunciata: oltre 3.000 decessi causati da comportamenti evitabili come alta velocità, uso del cellulare alla guida, mancato utilizzo di cinture e caschi, guida in stato di ebbrezza.
Sono tutti comportamenti intenzionali che persistono nonostante le continue campagne di sensibilizzazione.
La Polizia Stradale identifica ricorsivamente le stesse cause, le associazioni moltiplicano gli appelli, eppure i morti non diminuiscono. Se le persone mettono a rischio la propria sopravvivenza fisica ignorando regole consolidate, perché dovrebbero rispettare quelle informatiche, che sono percepite come meno pericolose perché sembrano essere contenute dentro un monitor?
Proviamo, quindi, ad elencare quelli che sono i bias cyber security in cui è facile imbattersi quotidianamente in qualsiasi attività lavorativa o in ambito familiare:
La capacità computazionale stimata di un cervello umano equivale ad 1 exaFLOP al secondo e la memoria si aggira attorno ai 2,5 petabyte: ben al di sotto dei supercomputer più potenti. Allora perché nessun supercomputer è ancora riuscito a sostituire il pensiero?
Il supercomputer più potente al mondo supera le capacità di calcolo del cervello umano e dispone di oltre 700 petabyte di storage, eppure non riesce a sostituirlo. Questo avviene perché il cervello eccelle nell’intuizione, nella correlazione di informazioni non strutturate, nella valutazione contestuale – competenze che la tecnologia fatica a replicare.
Credere che la tecnologia possa risolvere ogni problema di sicurezza rappresenta a sua volta un bias: la “grande bugia della tecnologia” che prometteva soluzioni definitive ai problemi umani.
I bias cognitivi non sono difetti del pensiero, ma strumenti di sopravvivenza evolutiva. Il cervello umano deve processare informazioni complesse in tempi ridotti per garantire decisioni rapide: il computer deve elaborare i dati dal primo all’ultimo seguendo un algoritmo, mentre il cervello può permettersi di approssimare, oppure può anche decidere di non fare nulla.
Questi meccanismi di approssimazione si rivelano vitali in situazioni di pericolo immediato, ma diventano vulnerabilità nel cyber spazio, dove le minacce sono invisibili e i tempi di reazione dilatati.
Ecco quali sono le possibili implicazioni di queste vulnerabilità per le organizzazioni:
Gli strumenti tecnologici più efficaci sono quelli che supportano i processi decisionali umani senza sostituirli, creando “nudge”, cioè spinte gentili che accompagnano le persone verso comportamenti sicuri, anziché barriere rigide, antipatiche e facilmente aggirabili.
Il futuro della sicurezza informatica richiede approcci interdisciplinari che integrino competenze tecniche, psicologiche e comportamentali. Solo comprendendo perché le persone sbagliano sarà possibile progettare difese realmente efficaci.
La sfida non è eliminare i bias – impossibile e controproducente – ma canalizzarli verso comportamenti sicuri, trasformando meccanismi evolutivi in alleati della cyber security.
[1] Per approfondimenti: “Manuale CISO Security Manager”. Per una guida completa alla compliance cyber security e alle competenze normative necessarie ai professionisti della sicurezza, il manuale offre un approfondimento dettagliato su normative nazionali ed europee, strategie di conformità e best practice operative.