I sistemi di sicurezza basati sul cloud sono tra i più sicuri nel mondo del digitale. Sono, infatti, provvisti di numerosi livelli di sicurezza, che forniscono agli utenti una protezione sfaccettata difficile da superare.
Tuttavia, un bravo hacker dotato di capacità, risorse e pazienza potrebbe comunque farcela.
Cosa succede, dunque, in questo caso? Come reagisce un sistema di sicurezza fisica in cloud che viene violato?
Immaginiamo uno scenario in cui hai appena acquistato un sistema di sicurezza in cloud per migliorare la tua sicurezza aziendale. Oltre che essere economico e sostenibile dal punto di vista ambientale, hai anche optato per delle soluzioni di data masking, con le quali è possibile categorizzare le informazioni aziendali “nascondendole”, ossia configurandole come una opzione diversa, ma senza compromettere le funzionalità che un’organizzazione utilizza o su cui si fonda.
Ipotizziamo, però, che la tua società abbia di recente subito un attacco informatico. La maggior parte delle informazioni è ancora al sicuro, ma l’hacker dietro questa offensiva è stato in grado di violare anche solo il primo livello di sicurezza fisica del cloud.
Banalmente, consideriamo che è riuscito a ottenere i dati del personale o dei clienti con cui l’azienda collabora. A quel punto, l’hacker potrebbe utilizzare quelle informazioni per proseguire coi suoi scopi malevoli, nello specifico con l’obiettivo di arrecare un danno economico o finanziario a vantaggio delle proprie tasche.
I dati potrebbero subire una manipolazione, essere rivenduti ad altre organizzazioni criminali, venire cancellati, causare interruzioni nella catena di approvvigionamento, e così via. Tutti questi problemi andrebbero assolutamente tenuti in considerazione per via del loro potenziale lesivo, sia a livello economico, sia per quanto riguarda l’immagine e la reputazione aziendale.
Questi attacchi hacker sono sempre più diffusi, oltre che organizzati e dannosi. Il panorama italiano non è esente da questa tipologia di rischio, anzi: si stima che oltre il 50% delle aziende sul territorio non abbia ancora adottato delle strategie di protezione dei dati.
La buona notizia è che è possibile iniziare a implementarle oggi e basso costo, senza necessariamente ricorrere alle novità della neuroprivacy e senza profilare ogni singolo dipendente in modo invasivo.
Una delle prime soluzioni per proteggersi è quella di adottare una strategia aziendale per la tutela dei dati personali che sappia resistere bene anche in caso di attacco hacker.
A tal proposito, un cloud per videosorveglianza è una soluzione rapida da implementare, con costo ridotto e dotata di numerose funzionalità che vale assolutamente la pena considerare.
I sistemi più efficaci sono quelli progettati in modo da reagire bene anche in caso di violazione di uno o più livelli di sicurezza. Come abbiamo già detto in precedenza, un hacker capace può riuscire a penetrare anche i sistemi più “blindati” della sicurezza informatica. Ma la cosa veramente importante è il modo in cui il sistema in cloud installato reagisce a un problema.
Se vediamo il furto di dati come a un’infezione del corpo umano, capiamo che non è sempre possibile prevenire tutte le malattie, ma è importante saper prendere le giuste medicine per il corretto decorso, così da respingere ogni altra eventuale ondata.
Allo stesso modo, i migliori sistemi di sicurezza in cloud sono quelli che riescono a bloccare, criptare e nascondere i dati rimasti, recuperare quelli rubati o renderli inutilizzabili, in modo da vanificare ogni attacco e togliere ogni desiderio di riprovarci da parte dell’utente malintenzionato.
Insomma, non è sempre possibile riuscire a impedire una violazione, ma è fattibile riuscire a tutelarsi al meglio qualora succeda.
Articolo realizzato in collaborazione con Seene Digital.