Il Digital Trust Index disegna uno scenario in cui aumentano gli utenti che diffidano dei servizi digitali. Le imprese che vi fanno ricorso per presenziare i mercati e per vendere dovrebbero cogliere dei segnali preoccupanti: è come se un marchio (il web) che include molti brand (le imprese che usano il web) stesse perdendo la fiducia dei clienti.
Ciò che merita attenzione è la poca sorpresa che suscita questa disaffezione: le imprese tardive nel comprendere che avere una corretta postura nella gestione dei dati è importante quanto curare il prodotto e la rete di vendita pagano l’unico scotto possibile.
È l’effetto più scontato e, da un certo punto di vista, persino atteso con un sospiro di sollievo: significa che le persone non sono del tutto acritiche nell’uso del web e hanno le idee chiare su cosa è lecito aspettarsi dalle proprie esperienze online.
Riflettendo su quanto misurato dal Digital Trust Index, le aziende possono guadagnare uno sguardo sgombro dall’idea che cybersecurity e compliance siano orpelli e non culture inalienabili.
Andiamo con ordine per ricostruire il quadro nella sua interezza, perché il Digital Trust Index va al di là del GDPR tastando il polso agli utenti e fornendo indicazioni utili alle organizzazioni che operano online.
Il Digital Trust Index Consumer Edition è una ricerca che misura la fiducia che gli utenti nutrono nei confronti dei servizi digitali in materia soprattutto del modo in cui sono trattati i rispettivi dati.
È redatta ogni anno da Thales Group, multinazionale di diritto francese che si occupa di tecnologie digitali, difesa, sicurezza e aerospazio.
I dati salienti per chi ha fretta: la ricerca ha coinvolto 14mila persone provenienti da 14 paesi e sancisce che il 19% degli utenti (uno su cinque) è venuto a conoscenza di una violazione dei propri dati e, tra questi, l’82% si è di disaffezionato all’organizzazione (brand) direttamente coinvolta.
Il settore più affidabile è risultato quello bancario che, però, merita un approfondimento perché non convince la generazione Z (le persone nate dal 1995 al 2012) che si fida nel 32% dei casi. La fiducia massima è espressa dagli over 55 (51%).
Parallelamente, le organizzazioni governative rappresentano l’unico comparto nel quale la fiducia è aumentata: è affidabile per il 42% delle persone, facendo segnare un aumento del 5% rispetto a 12 mesi prima.
Media e social media, automotive e logistica sono i settori che infondono la fiducia minima dei consumatori, con percentuali che variano dal 3% al 4%.
La seconda slide del grafico sopra mostra indicazioni preziose per chi opera online: gli utenti si aspettano di potere fornire meno dati personali attraverso procedure di iscrizione meno lunghe e, nel medesimo tempo, desiderano chiarezza nel comprendere come vengono trattati i propri dati, oltre alla volontà di potere interagire con un servizio di supporto che fughi perplessità.
Al di là delle graduatorie – salvo poche eccezioni c’è un calo di fiducia generale – assume un aspetto fondamentale che l’86% delle persone si aspetta che le organizzazioni con cui interagiscono online rispettino il loro diritto alla privacy a prescindere dal dispositivo usato, sia questo fisso oppure mobile.
E qui c’è il primo paradosso: il 37% dei consumatori guarda con sospetto e preoccupazione al fatto che, per accedere a servizi online, sia necessario fornire troppi dati personali.
Fa però molto più rumore quel 14% di utenti (uno su 7) che non si aspetta nulla, rassegnato a non credere nell’esercizio del diritto alla privacy.
Più in generale, la maggior parte degli utenti si dice disposta a riporre maggiore fiducia in un servizio o in un marchio se questo mostrasse maggiore interesse per la salvaguardia dei dati delle persone.
Ecco, allora, alcune soluzioni possibili.
Sempre attingendo alle informazioni fornite dal report di Thales Group, il 64% degli utenti gradirebbe un’autenticazione a più fattori, il 51% non disdegna un sistema di riconoscimento biometrico (riconoscimento delle impronte o del volto)
L’uso di passkey, e quindi l’abbandono delle password tradizionali, è gradito dal 48% degli utenti. Misure votate alla sovranità digitale piacciono al 37% dei consumatori perché garantiscono il rispetto delle norme locali.
Il 33% dei consumatori si fiderebbe di più di un marchio se questo utilizzasse sistemi IA in grado di garantire la sicurezza e di personalizzare l’esperienza d’uso.
Queste le politiche gradite agli utenti a cui le organizzazioni possono affidarsi per rendere più solida e affidabile la propria presenza online con benefici per la propria reputazione e, a cascata, per il proprio business.