Quando i tuoi dipendenti sono AGENTI. E forse a breve anche tu…
文章探讨了人工智能(AI)代理如何悄然改变经济权力结构和竞争格局。AI不再局限于大型科技公司,而是渗透到各行各业,从中小企业到日常服务。这种变革不仅改变了工作流程和业务策略,还带来了新的反垄断挑战。文章指出,真正的经济战争正在通过无声的AI代理展开,而大多数人尚未意识到这一转变及其深远影响。 2025-6-21 07:16:37 Author: mgpf.it(查看原文) 阅读量:9 收藏

Sono stato all Convegno Biennale dell’Associazione Italiana Antitrust (qui trovate il mio intervento) e ho parlato di futuro. O meglio, di come gli agenti AI stanno cambiando radicalmente il potere economico e presentano nuove sfide antitrust: non ce ne accorgiamo, ma il vero gioco non è più sulle Big Tech, è ovunque (anche nel panettiere sotto casa).

Immaginate il commercialista di Buccinasco che fa le buste paga con una nuova app: non lo sa, ma dietro c’è un agente AI, e il suo lavoro – quello di venti persone – ora lo fa il software. Gli agenti AI non sono più un giocattolo da smanettoni o la curiosità di ChatGPT: sono dappertutto, invisibili e pervasivi, cambiano flussi di lavoro, assunzioni, strategie di business. Eppure tutti continuano a parlare di prompt, imbeccate e risposte simpatiche: il vero potere si è spostato altrove, senza che quasi ce ne rendessimo conto.

In questa storia ci sono grandi CEO – Sam Altman che sogna la “singolarità mite” e Dario Amodei che avverte di un bagno di sangue tra i colletti bianchi – ma i veri protagonisti siamo noi. Tutti. Perché la nuova guerra dell’economia si combatte con eserciti silenziosi di agenti AI, implementati non dalle Big Tech ma da centinaia di migliaia di aziende, ognuna apparentemente libera, tutte inconsapevolmente dipendenti. È una rivoluzione silenziosa: il futuro del lavoro, della concorrenza e del potere economico non passa più sotto il lampione che illumina Google o OpenAI, ma dietro gli scaffali del supermercato, negli uffici delle PMI, nei bot di gestione che prendono decisioni per noi. E nessuno sembra averlo ancora realizzato.

Come siamo arrivati qui? Non per colpa di Terminator, ma per una sfilza di processi che da anni, uno dopo l’altro, hanno spinto il potere dell’AI lontano dai riflettori. Prima guardavamo la produttività come un vantaggio competitivo: chi aveva SAP, chi sapeva programmare, chi “digitalizzava” meglio era una spanna sopra. Poi sono arrivati i foundation model: accessibili tramite API, potentissimi, costa assai poco usarli per automatizzare davvero. Solo che la faccenda si è fatta seria quando si è capito che non era solo questione di “scrivi questa email” o “crea una presentazione carina”. No, la vera rivoluzione sono gli agenti AI: non fanno più singoli compiti, ma gestiscono interi processi, in autonomia. E non li usano solo i giganti: li trovi nelle aziende di provincia, nella pizzeria del paese con il gestionale magico (che, sorpresa, in background fa tutto grazie a moduli AI). Già ora vediamo il quiet firing: aziende che semplicemente non assumono più perché l’automazione ha mangiato una grossa fetta di lavoro. Le due visioni (Altman: “Tutti più ricchi!”, Amodei: “Ci sarà una strage di professionisti”) sono entrambe reali, dipende solo da dove guardi e quanto in fretta succede.

Il bello? Tutto questo avviene senza rumore, senza grandi annunci. L’AI non potenzia solo il singolo lavoratore: spesso sostituisce intere catene di valore in modo silenzioso, delegando agli agenti pezzi di processo così in profondità che non te ne accorgi nemmeno.

Le conseguenze non sono fantascienza, ma il presente che si sta allargando. In pratica, sempre più aziende – piccole e grandi – stanno “noleggiando” intelligenza e produttività dai giganti (OpenAI, Anthropic, Google, Nvidia dietro le quinte per l’hardware), ma lo fanno senza saperlo. Così, per ogni nuovo agente che entra in azione, si rafforza un nuovo feudo: pochi attori a monte (chi ha i modelli, chi ha le GPU) incassano rendite da milioni di imprese che credono di essere diventate moderne e competitive, ma stanno soltanto pagando l’affitto del futuro.

Questa dipendenza non è solo economica: diventa anche strategica. Chi controlla modelli e hardware può decidere prezzi, accessi, andamento dell’innovazione. E il rischio, nemmeno troppo ipotetico, è che gli algoritmi – lasciati a briglia sciolta – imparino a comportarsi in modo “collusivo” (alziamo i prezzi senza parlarci, ci muoviamo insieme in modo invisibile), o che aziende intere si ritrovino schiave del rating di un algoritmo opaco che decide chi vede cosa e chi vince/muore sul mercato. La vera partita non è più tra “azienda A e B”: è tra chi possiede la piattaforma-mente universale e tutti gli altri che ci si appoggiano sopra, spesso senza potere contrattuale.

Ma quindi, tu, che stai leggendo, che devi fare? Prima di tutto, cambiare paradigma: non pensare più a “adotto l’AI per scritto un processino”, ma chiedersi quanta parte del mio business (o lavoro) sarà o è già “noleggiato” da fuori. E se domani quel fornitore cambia le regole? Come tutelo la mia autonomia? È il momento di investire – risorse e testa – nell’indipendenza: se sei manager o imprenditore, valuta la sostenibilità a lungo termine della dipendenza da agenti esterni, diversifica piattaforme, esplora l’open source (si chiama “lock-in” e chi l’ha vissuto non lo dimentica più).

Se lavori “dentro” la macchina, sviluppa una nuova sensibilità: impara a capire come funzionano gli agenti, scava nei processi del tuo lavoro per trovare dove l’automazione entra (e dove rischia di far perdere controllo e valore). Richiedi trasparenza ai fornitori: quali modelli usano, chi li controlla, quali rischi? Lato policy, serve riconoscere che la vera concorrenza si gioca a monte, tra chi costruisce i nuovi colli di bottiglia tecnologici e chi può solo adeguarsi. Anticipa questi rischi: favorisci team tecnici interni capaci di ispezionare e “forensicare” gli algoritmi, vota/pretendi più interoperabilità e open source nelle infrastrutture chiave. La concorrenza e l’autonomia si difendono oggi, non dopo che è troppo tardi.


文章来源: https://mgpf.it/2025/06/21/quando-i-tuoi-dipendenti-sono-agenti-e-forse-a-breve-anche-tu.html
如有侵权请联系:admin#unsafe.sh