Il Web e Tossico
2023-5-24 23:5:6 Author: mgpf.it(查看原文) 阅读量:4 收藏

Al contrario di quanto probabilmente pensate, no, non c’è un errore di battitura nel titolo, e parimenti questo non è l’ennesimo pezzaccio su quanto la rete sia tossica. Anzi, qui parlo quasi solamente di me.

Il Web ed i Social esistono, indipendentemente dalla loro tossicità o meno, e poi ci sono io: sono io quello tossico.
Non che sia una novità o chissà quale introspezione: non solo ho sempre saputo di base di essere una gran brutta persona ben poco socievole e sociale, ma non ne ho nemmeno mai fatto mistero.
Potrei dire che è “colpa” dell’autismo di tipo due, ma sarebbe ancora una volta scrivere una mezza verità, perché se la neurodiversità mi rende incredibilmente complesso preventivare sia le necessità relazionali dell’interlocutore, sia prevederne la reazione alle mie affermazioni, alla fine della fiera quello sprezzante nelle risposte e ben poco riflessivo nelle sue elucubrazioni sono io, non è l’autismo.

Quindi non incolperò la rete per i miei atteggiamenti tossici, che sono soltanto miei, ma nulla mi vieta di studiare un po’ meglio quali ambienti, occasioni ed ecosistemi sono migliori o peggiori per acuire o stemperare il problema. Che è esattamente il percorso che ho fatto da inizio anno e che mi ha portato a prendere alcune decisioni sulla mia vita online, e che qui cerco di condividere al meglio delle mie capacità con voi.

Partendo da una constatazione pratica: tanta parte delle mie interazioni online sono tossiche.

Partendo da una constatazione pratica: le mie interazioni online sono tossiche.

Sprezzanti, per alcuni divertenti, per altri inconcepibili, per alcuni addirittura oltraggiose. Per molti, applicando però la stessa onestà intellettuale che riverso su di me, sono semplicemente troppo complesse. Ci sta, sarebbe teoricamente compito mio comunicare in modo efficace con tutti, e quindi se qualcuno non capisce il problema è mio, non loro.
Fatto sta che le INTERAZIONI sono tossiche. Non i contenuti, non le risposte quando arrivano domande, non le risposte alle richieste di aiuto. Solo i concetti espressi al volo e i commenti a chi normalmente non ha letto, non ha ascoltato o esce di punto in bianco con tavanate allucinanti prese da chissà dove.
E su alcune piattaforme più di altre: Twitter e Facebook soprattutto, in special modo nei commenti. I messaggi privati ne sono praticamente immuni come anche la massima parte dei gruppi di settore e delle mailing list.

Perché lo fai (disperata ragazza mia)

Sia chiaro, so precisamente il perché metto in campo talune strategie e “trollo”: un misto tra:

  • awareness (l’attrarre attenzione) e
  • engagement (il mantenerla, l’attenzione)

Ambedue risultati facilmente ottenibili mediante il commento sprezzante o la battutina sagace. Che è interi ordini di magnitudo più semplice che non creare mezz’ora di video o lavorare due ore per scrivere qualcosa.
Inoltre è divertente: è divertente vedere i bandierini che saltano per aria una volta, i rossobruni un’altra e via discorrendo. È divertente come evasione, si possono dedicare pochi secondi per sfogarsi, un po’ come si giocasse ad uno sparatutto, e non devi mantenere alta l’attenzione. Oltretutto con le esperienze di comunicazione, lo studio quasi ossessivo della psicologia cognitiva e anni di esperienza sui “flame” dei newsgroup la cosa mi viene non solo facile, ma anche particolarmente bene.
Quindi il meglio dei due mondi: svago spicciolo per quando hai tempo, e contemporaneamente maggiore attenzione a sforzo quasi zero. Praticamente un idillio.
Ma.
Ma sono stanco. E non mi sento ok.

Ma sono stanco. E non mi sento ok.

Oltre il disagio

Il sentirmi a disagio è qualcosa che va avanti da un po’, ed è legata principalmente alle aspettative che credo/penso che gli altri si facciano sul mio personaggio: quello del blastatore.
Un personaggio che mi sta stretto e che ha innescato un percorso che ho deciso di iniziare a fine dello scorso anno, ne ho anche parlato in un video dedicato che parlava di gentilezza.
Ma se per alcune cose ha funzionato molto bene e quasi alla perfezione (ad esempio nelle strutture dei video e nelle relazioni interpersonali de-visu), in altre come le interazioni online brevi (commenti, battute, etc) è onesto ammettere che ha miseramente fallito.

Poco male, so bene che il percorso di miglioramento di sé stessi è la scalata dell’Everest e non certo una corsa mattutina, ed il viaggio con la mia terapeuta me lo ha insegnato bene: non solamente i risultati arrivano con gradualità ma in queste particolari condizioni lo “spingere sull’acceleratore” nella migliore delle ipotesi non porta a nessun risultato, e nella peggiore ti rallenta.
Quindi calma e posso anche fare un respiro e continuare sulla strada intrapresa, con un unico problema sfortunatamente non aggirabile: sono stanco.

Sono fisicamente, mentalmente stanco, e la gestione di questo tipo di interazione è tra le cose che mi portano via più energia. Sono molto meno stancato dal preparare le lezioni, dal parlare con i clienti, anche dallo studiare o dal risolvere problemi o crisi. Sono meno stancato dal lavorare “vero” che non dalle interazioni.
I piccoli secondi/minuti di distrazione divengono poi laghi sterminati di attenzione da dedicare per gestire passo a passo le catene di discorsi che ne nascono, le fiumane di persone “indinniate” o anche solo il protrarsi di conversazioni senza senso per ore, spesso giorni.
Tutte cose che mi accorgo hanno un impatto devastante sulla mia stanchezza fisica, quasi come fossi svuotato, e sulla mia salute mentale. Mi fa male, intendo proprio fisicamente.

Non ho mai avuto paura di stancarmi e sono abituato a lavorare a ritmi incredibilmente serrati, spesso anche facendo cose sciocche come 24 ore filate su un singolo task fino a che non lo completo, saltando cibo o anche sonno, quindi la stanchezza non è certamente il fattore determinante.
Se la stanchezza ha uno scopo, se alla fine della stanchezza hai un risultato tangibile, allora è stanchezza buona, è fatica (per quanto i lavori intellettuali possano essere definiti fatica) buona e, almeno per me, giusta. Ma qui non mi sento che questa componente stia apportando “valore”. Non mi sento che sia “meaningful” come dicono gli americani, significativa. Mi sento di sprecare fatica (e un mare di tempo) in cose che non lasciano traccia, non hanno una finalità, non hanno un significato più profondo o duraturo.

Mi sento di sprecare fatica e un mare di tempo in cose che non lasciano traccia, non hanno una finalità, non hanno un significato più profondo o duraturo.

Perché anche fare video o scrivere non è che debbano cambiare il mondo, ma per lo meno ti lasciano con una traccia tangibile di quello che hai fatto per rivederlo, riprenderlo, costruire su questo. I commenti, il trolling, le battute invece, anche se hanno uno scopo preciso, quello di self-marketing, e ache se hanno un impatto significativo in termine di engagement, non riescono in nessuna di queste due accezioni – seppure incredibilmente utili – a farmi pensare che “il gioco valga la candela”. E allora c’è bisogno di fare qualcosa.

E il qualcosa è sicuramente abbandonare la rete del tutto, per un po’, e prendere aria. Ignorare il mondo e concentrarmi sullo studio delle mie cose e sulla realizzazione di qualcosa che possa pensare possa valere il mio tempo e la mia fatica.

Quindi via dalla rete. Se non fosse che non è una risposta.

Grazie per tutto il pesce

Abbandonare la rete lo so che non è la via che voglio. Mi piace parlare e comunicare, mi piace raccontare, sento anche il bisogno – nascisistico probabilmente, o altro importa poco – di trasferire un po’ di mie idee con un pubblico più vasto. E sento anche il bisogno di confrontarmi con il mondo esterno su temi complessi per me anche solo da mettere sulla carta, come in questo caso, o si così vasto respiro che so già non posso risolvere da solo.
Non solo questo: gli anni passati a scrivere e approfondire prima sul Blog poi sul Canale mi hanno dato tantissimo, perché mi consentono di spendere lavoro significativo nel processo di trasformazione che c’è tra quello che ho nella mia testa e quello che sono capace di raccontare. E ho scoperto che dopo che le idee sono state “preparate” per essere comunicate, queste diventano molto più chiare anche per me.

Più che catarsi una cristallizzazione, dover razionalizzare quello che ho in testa mi aiuta a elaborare schemi più semplici, a sbarazzarmi di tanti orpelli e varianti che per come penso si strutturano in autonomia. Mi aiutano a pensare meglio, e parte di questa cosa mi manca, come mi manca il tempo per dedicarmi a questo (e ne serve tantissimo) invece che all’engagement e all’awareness e community management.

Che sembrava strano scritto così, anche e soprattutto a me: sto dicendo che le interazioni mi danno fastidio, e sto dicendo che le interazioni sono necessarie, che non le voglio e che le voglio contemporaneamente, e tutto sembra un po’ il problema del cane che si morde la coda.

Così nei primi mesi dell’anno ho deciso di affrontare un po’ più analiticamente questa cosa, nel limite delle mie capacità, e di capire se era la rete, se erano le persone, se era una piattaforma in particolare o cos’altro. E sono arrivato ad un po’ di conclusioni, che qui per la prima volta metto per iscritto.

E in modo sano, che non mi faccia agire semplicemente dicendo “abbandono la rete”, ma cogliendo tutte le bontà e virtù insite nella comunità di umani più estesa al mondo. Perché lo sappiamo tutti, non è che sparire dalla rete per qualche settimana o mese risolva le cose nel medio/lungo termine…

Ho elaborato un piano. Ve lo voglio raccontare.
Ma voglio anche raccontare come è nato.
Quindi partiamo da: “perché mi da fastidio la gente”.

Siamo laggente i poteri ci temono

Il fastidio verso la gente è stato qualcosa che ho sempre avuto, peraltro abbastanza standard in caso di neurodiversità, ma è un atteggiamento che si è fortemente intensificato con la permeazione della rete e l’espansione esponenziale degli utenti della rete. Per farla breve: la rete è cambiata. Tanto. Non obbligatoriamente in meglio (ma nemmeno solo in peggio).

E fin qui ci siamo, perché per chi come me la rete la vive da quando si era letteralmente quattro gatti, e tutti mediamente competenti perché altrimenti non ti connettevi, certamente è cambiata: i social semplici hanno dato voce a milioni di persone, rappresentati tra competenti o semplicemente dodati di pollice opponibile nella percentuale rappresentativa di tali pensanti minoranze nella popolazione.
Internet è piena di deficienti, in pratica. Che è un pensiero confortante, se ci pensate.
Nel senso, non è colpa mia, è che sono circondato da cretini. “Internet? Ha dato diritto di parola agli imbecilli: prima parlavano solo al bar e subito venivano messi a tacere”, diceva il buon Eco. Assolutamente vero, ma non è quello il problema…

O meglio, parzialmente sicuramente ha influito, perché è chiaro che avere a che fare con esponenzialmente più persone che commentano palesemente non avendo alcuna cognizione in materia può essere faticoso e snervante, ma non sufficiente.

Possiamo pensare che mi diano fastidio solo i supponenti o gli ignoranti e non avrei nessuna remora nel dirlo, per quanto possa sembrare snob oppure elitario, ma non è semplicemente vero. Perdo (volentieri) le ore a rispondere ai DM su Instagram di chi non ha capito qualcosa e chiede, perdo (volentieri) le ore per risolvere problemi vari a sconosciuti o per cercare di spiegare meglio qualche concetto a qualcuno che lo ha evidentemente travisato (da Immuni al GDPR, dalla AI alla Data Analysis). Non mi costa quel tipo di fatica.

Mi sono arrovellato per mesi per capire cosa distingua i casi che mi danno fastidio e mi pesano da quelli che non mi danno fastidio e che faccio volentieri, e a un certo punto la risposta è arrivata: allora i casi in cui la cosa mi pesa di più? Ad un certo punto la lampadina si è illuminata: la “Cena di Kahneman”.

Kahneman a cena

La “cena di Kahneman” è un simpatico esempio che si usa per illustrare il concetto di “peak-end rule”, dove le persone giudicano un’esperienza basandosi su come si sentivano al punto più intenso (peak) e alla fine dell’esperienza, piuttosto che sulla media totale dell’esperienza. Immagina una cena deliziosa che finisce con un dolce terribilmente salato per errore. Nonostante l’ottimo cibo precedente, ricorderai la cena per quel dolce salato alla fine.

Daniel Kahneman è un psicologo cognitivo e un premio Nobel in economia, noto per il suo lavoro sulla teoria delle prospettive, sugli euristici di giudizio, e sulle decisioni. La sua ricerca con Amos Tversky ha influenzato in modo significativo diverse discipline, comprese l’economia, la politica, la medicina e la legge.
Kahneman è particolarmente noto per il suo libro “Pensieri lenti e veloci” (Thinking, Fast and Slow), in cui descrive due sistemi differenti di pensiero, noti come “Sistema 1” e “Sistema 2”.

  • Il Sistema 1 opera automaticamente e rapidamente, con poco o nessuno sforzo e senza sensazione di controllo volontario. È quello che usiamo per compiti come riconoscere un volto noto, capire che 2+2 fa 4, o per decidere istintivamente di scansare un ostacolo mentre camminiamo.
  • Il Sistema 2, al contrario, è più lento, deliberativo e richiede sforzo. È il sistema che usiamo quando ci concentriamo su un problema matematico complicato, quando decidiamo consapevolmente, quando valutiamo criticamente un’argomentazione o una teoria.

Secondo Kahneman, il Sistema 1 è spesso dominante perché il nostro cervello tende ad evitare lo sforzo quando possibile. Il Sistema 2 è attivato solo quando è necessario (in un numero obiettivamente molto sparuto di casi).

Se dovessimo mappare in termini di disturbi e comportamenti gli utenti che mi danno fastidio su internet, questi possono spesso sfruttare le caratteristiche del Sistema 1. Le tattiche comuni di troll e agitatori includono la provocazione di risposte emotive, l’uso di informazioni false o fuorvianti, e l’applicazione di pressioni di gruppo. Questi comportamenti normalmente non solamente usano, ma sollecitano risposte in Sistema 1, che risponde rapidamente e intuitivamente, senza l’analisi critica o la riflessione deliberativa del Sistema 2.
Ad esempio, un troll potrebbe usare un linguaggio emotivo o caricato per provocare una risposta immediata e irreflessiva. Oppure potrebbe presentare informazioni false o fuorvianti in un modo che sembra intuitivamente plausibile al Sistema 1, che non è predisposto a svolgere una verifica critica delle informazioni.

Inoltre, molte di queste strategie funzionano sfruttando gli euristici e i bias cognitivi che Kahneman e Tversky hanno identificato nel loro lavoro. Ad esempio, un troll potrebbe sfruttare la “negligence of probability”, un euristico in cui le persone tendono a ignorare quello che scrivi o argomenti portando numeri e probabilità in favore di realtà più comode, o che per loro rappresentano “storie mentali” più coinvolgenti o emotive.

Nella pratica, la cosa che mi da fastidio e che mi pesa è l’inazione del Sistema 2, ovvero tutti quei commenti, giochini, stupidate, interazioni che non sono basati su Sistema 2, ma che si muovono su Sistema 1.

Che peraltro, nella migliore delle tradizioni di “pagliuzza e trave”, sono ESATTAMENTE i comportamenti che io stesso uso con le battute, la caccia ai “pescioni”, le frasette sagaci, gli ad-hominem e tutti gli atteggiamenti tossici che mi affaticano e che io per primo uso.

Che bello, eh, cercare tutte le prove per dare del cornuto a qualcuno ed accorgerti che il cornuto sei, in primo luogo, tu?

Il bisogno di un 2 (non di picche)

Nelle scorse settimane ho fatto una serie di test incrociati, per vedere cosa di quello che pubblicavo, di quello che ricevevo, dei commenti che facevo e dei commenti che ricevevo impattava maggiormente sui miei livelli di stress e sui miei fattori psico-fisiologici (compreso monitorare le onde cerebrali a più riprese con un giocattolo apposito e misurare a più riprese pressione, battito cardiaco, temperatura e variabilità cardiaca).

Le mie supposizioni erano assolutamente corrette: quello che mi infastidisce e deprime è BADARE a chi evidentemente si muove nella rete in Sistema 1 e contemporaneamente il comportarmi io secondo Sistema 1.

Non solo, ma quella voglia di approfondire, quella necessità che sentivo di fare “cose belle” o “cose meaningful”, quel “mancarmi” che di qualcosa che non riuscivo a focalizzare, anche qui trova un sacco di appagamento se permango per minuti/ore in task complessi, in razionalizzazioni difficile e “faticose” per il mio cervello, in ragionamenti complessi (per me, non in generale, sia chiaro). Tutti compiti che sono dominio unico del Sistema 2. Se da un lato sono cose molto più faticose nell’immediato, sono cose che nella mia percezione della fatica fisica e mentale sono molto, molto meno impattanti sul lungo termine.

Gli ultimi test fatti nelle ultime 24 ore (in cui ho gestito l’ennesimo storm di bandierini con un post sulle frasi della Maglie) me lo hanno confermato, e come mi ero ripromesso ho messo nero su bianco le ultime cose ed entra in produzione il piano operativo

Ok, ma quindi?

Nessuno, ripeto NESSUNO, è mai stato convinto in una discussione da una battuta stupida o sagace o da un nuovo ed entusiasmante modo di definire le dubbie virtù di uno dei rami genitoriali (o le sue competenze linguistiche), e la discussione quindi è davvero inutile se lo sfogo non mi ripaga nemmeno la fatica.
E di commenti veloci sull’attualità e battutine è pieno l’internet, non avete bisogno sicuramente dei miei.

Ci sono cose che secondo me so fare (moderatamente) bene e che hanno più utilità, su cui intendo focalizzarmi in modo migliore e più verticale:

  • CONCENTRARMI SUI VIDEO: voglio tornare a concentrarmi sui contenuti video in modo continuativo, usando i social per la loro diffusione e creando contenuti che mi piacciano e che raccontino storie che necessitano di un po’ di pensiero. Tornare ai medium-format (8-14) e non focalizzarmi per nulla sugli short format, che non possono portarmi quel tipo di stimolo.
  • CONCENTRARMI SULLE ANALISI: ho la necessità di tornare a studiare un po’ più approfonditamente alcune tematiche, su di me (come in questo caso) e su quello che mi circonda. Approfondire cosa non so e farlo con i mezzi che ho a disposizione e condividendo cosa trovo.
  • TORNARE A SCRIVERE: tornerò a scrivere, una cosa per me faticosissima, ma assolutamente necessaria per schiarire le idee e per razionalizzare quello che ancora non sono riuscito a perfezionare abbastanza da saperlo spiegare. Date un occhio al Blog, e prossimamente a qualcosa di nuovo che era in campo da tanto ma che forse finalmente riesco a realizzare

Cosa non ho intenzione di fare, invece?

  • COMMENTARE: non ho intenzione di smettere completamente, soprattutto su post e contenuti di amici, ma salvo nella rete sociale ristretta, ho intenzione di commentare solo se posso aggiungere un pezzetto a Sistema 2, per approfondimento, fonti, analisi;
  • RISPONDERE: se il commento è un attacco o una mera provocazione risponderò un laconico “ok” o “thank for all the fish” e porvvederò a cancellare l’interazione inutile e/o bloccare la persona. Se non si è in grado reciprocamente di utilizzare un minimo di sforzo cognitivo, allora non ritengo che valga la pena né la risposta, né tantomeno mantenere una platea. Rimane invece, ovviamente, la risposta a critiche di merito o a dubbi e perplessità (o se sbaglio qualcosa, che succede abbastanza spesso);
  • BATTUTE E GIOCHI DI PAROLE: capiteranno, soprattutto i meme, ma saranno centellinati, e magari portati all’interno delle Community in cui ho più dimestichezza (come la Community Telegram del Canale), e dove la selezione all’ingresso è un po’ più rigorosa;
  • INTERAGIRE: ho intenzione di interagire un po’ meno sui social in generale, se non sotto ai post in cui pubblico contenuti, long format. Vorrei interagire con la produzione di contenuti (video, analisi, testi) e meno con semplici interazioni di messaggistica, commenti, o flash di notizie.

C’è anche un’altra chicca di cosa che ho intenzione di provare a fare, ma probabilmente se mi seguite lo vedrete velocemente da soli, ed è probabilmente i prossimo esperimento di cui potrei parlare.

Se siete arrivati fino a quei siete degli eroi del Sistema 2 e sono onorato ed orgoglioso di avervi tra i miei cinque lettori. Se nessuno sarà mai arrivato qui sono contento lo stesso: è servito molto di più a me che a voi.

In ogni caso, se volete commentare magari rispondo meno, ma leggo come sempre tutto. Ogni singolo commento.

Un abbraccio.
Estote Parati.


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